giovedì 28 agosto 2014

venerdì 28 dicembre 2012

lunedì 20 giugno 2011

giovedì 15 ottobre 2009

Carovana di sogni


Eccoci, tutti: in una carovana di sogni.

Una carovana, ma un sogno - un sogno ma una carovana.
E noi sappiamo riconoscere i sogni.
La speranza è là.

Bahaudin Naqshband

moschea di cordova - archi


The worker is hidden in the workshop

La Zattera

Il sé reale, il sé interiore dell'essere umano è imprigionato. Due fattori lo mantengono così: le supposizioni e l'attività dell'io secondario e ivincoli, superficiali, ma potenti, del condizionamento e dell'ambiente. Il Sufi deve fare ciò che può per entrare in contatto con il sé interiore e, attraverso la sua collaborazione, eludendo e annullando gli effetti dell'opposizione, aiutare nell'autorealizzazione.


Immaginate un uomo che intenda liberare un prigioniero da un castello in un'isola. Costruisce una zattera di giunchi, appena sufficiente a sopportare il suo peso, e naviga di notte fino alla spiaggia davanti al castello. I soldati di guardia vedono la zattera e vi montano subito sopra. Perciò la zattera affonda, mentre il soccorritore si nasconde nel buio. "Questa zattera non è un granché; è affondata non appena vi siamo saliti sopra. Non si tratta di un tentativo serio".

Essi giungono inoltre alla conclusione che il prigioniero non possa scappare, visto che la zattera è affondata. alcuni di loro pensano che zattera abbia portato qualcuno, altri che non abbia trasportato nessuno. Il prigioniero stesso, sentendo queste congetture, immagina ogni genere di cose.


Ebbene, il soccorritore è il Sufi, che va alla ricerca del prigioniero con la zattera, la quale rappresenta i mezzi che egli usa per affrontare il problema. Il 'nuovo mezzo di trasporto', che sarà usato in seguito, rappresenta i metodi che vengono escogitati dal soccorritore sulla base della sua esperienza e della sua conoscenza. Il castello rappresenta le convinzioni provenienti dall'ambiente, mentre i soldati rappresentano quelle soggettive, comprese le supposizioni.


da L'Io che comanda di Idries Shah

In Arabian Night



In Arabian Nights esamina il modo in cui le storie vengono usate per trasmettere idee, informazioni e valori in Marocco e nel mondo arabo … in un modo che da noi in Occidente è andato quasi del tutto perduto. Dimentichiamo che le storie sono state usate per millenni per l’insegnamento – come una pesca, hanno una deliziosa polpa esterna da gustare per far sì che il valore profondo, il nocciolo, sia trasmesso in modo che possa crescere. Noi releghiamo le storie al ruolo di intrattenimento per i bambini, mentre in effetti possono essere decodificate e usate per istruire.

In Arabian Nights, (la cui pubblicazione è prevista per dicembre negli Stati uniti e per la primavera 2008 nel Regno Unito), getta una luce sulla conoscenza che permette di decriptare le storie che tutti abbiamo sentito nella nostra vita, e illustra come essa sia là per essere compresa da noi. Nello stesso tempo è un libro sulle fondamenta culturali nascoste sulle quali il Marocco poggia.

Il Marocco è un paese arabo immerso nella storia, un regno di ricchi tessuti, di spezie aromatiche, e credenze magiche, adagiato su una tela culturale dai vibranti colori. Colpo di gomito nell’angolo nord-occidentale dell’Africa, è il ponte tra Oriente ed Occidente, separata dall’Europa soltanto da 8 miglia d’acqua.

Arrivare in Marocco può essere come entrare nel mondo de Le Mille e una Notte. È una terra governata da antichi codici d’onore, di dovere, di cavalleria e di rispetto. Questi valori sono stati tramandati per secoli da madre in figlia, da padre in figlio. Sono un ancestrale diritto di nascita ereditato attraverso un sistema una volta ben conosciuto in Occidente, ma da lungo tempo calcificato.

Quella di Tahir Shah è una famiglia di narratori di storie da mille anni. Ogni generazione ha tramandato alla successiva un vasto corpus di storie, e la conoscenza segreta per attivare la saggezza conservata al loro interno.

Come il testimone di una staffetta, le storie vengono passate attraverso i secoli, pronte ad agire come un manuale di istruzione per il mondo.

In Arabian Night mostra il Marocco in un modo in cui questo regno non è mai stato presentato prima, osservandolo attraverso l’antico uso delle sue storie come strumento di insegnamento.

Nello stesso tempo, Tahir svela la preoccupazione della sua famiglia per questa matrice segreta e studia come l’Occidente possa ancora una volta beneficiare della profonda conoscenza contenuta nelle storie che noi ogni giorno disprezziamo o diamo per scontate.

moschea di cordova


L'alhambra - bifora


La pietra preziosa

Tutta la saggezza del mondo, secondo Daudzadah, è contenuta in questo antico racconto tradizionale, che racchiude più livelli di senso. In un regno lontano, luogo di perfezione, c'era un re giusto che viveva in grande felicità con sua moglie ed i due meravigliosi figli. Un giorno il padre chiamò suo figlio e sua figlia e disse loro: "E' venuto il momento per voi, così come viene per tutti, di partire. Sbarcherete su una terra situata ad una distanza infinita. Cercherete, troverete e riporterete una pietra preziosa". I due viaggiatori, travestiti, si lasciarono condurre su una terra straniera in cui quasi tutti gli abitanti trascinavano un'esistenza cupa. Era tale l'effetto di quel luogo che i due fanciulli persero contatto fra di loro e andavano senza scopo, come addormentati. Talvolta intravedevano delle immagini fantomatiche del loro paese d'origine e della pietra, ma tale era il loro stato che ciò non faceva che incitarli a sprofondare maggiormente nei loro sogni. Sogni che essi cominciarono a scambiare per realtà. Quando il re fu informato della situazione critica in cui si trovavano i suoi figli, fece loro pervenire un messaggio tramite un saggio servitore nel quale riponeva ogni fiducia: Ricordatevi la vostra missione, svegliatevi dal vostro sogno, e rimanete insieme. Il messaggio li risvegliò.
Con il sotegno della guida inviata in loro soccorso, affrontarono gli immensi pericoli che circondavano la pietra.
Con l'aiuto magico della pietra tornarono nel loro reame di luce per rimanervi per sempre in una felicità accresciuta.

L'alhambra - particolare


Erri De Luca a Roma





Danza Greca - Hassapiko politiko

L'assetato e l'acqua

Un uomo aveva sete ed arrivò in prossimità di un fiume. Tuttavia, non poteva giungere fino all'acqua perché c'era un muro che gliene impediva l'accesso.
Allora l'uomo staccò un mattone dal muro e lo buttò nell'acqua. Il rumore che si produsse fu una delizia per le sue orecchie. Egli andò avanti così, mattone dopo mattone, finché la gente gli chiese perché lo stesse facendo.
Egli rispose:
"Per due motivi. Il primo è che mi piace il suono che fa l'acqua a contatto con il mattone, che è come una musica per chi ha sete. E il secondo è che, ad ogni mattone che tolgo dal muro, mi avvicino un po' di più all'acqua".
Più l'uomo ha sete, più si strugge anche per il solo rumore dell'acqua, e più e più velocemente strappa i mattoni dal muro.

lunedì 9 luglio 2007

Prigioniero

Un uomo fu imprigionato a vita per un reato che non aveva mai commesso. Si comportava in maniera esemplare e così dopo alcuni mesi i suoi carcerieri cominciarono a considerarlo un prigioniero modello.
Gli fu permesso di rendere la sua cella un po' più confortevole, e sua moglie gli mandò un tappeto da preghiera che aveva tessuto con le sue mani.
Diversi mesi dopo, l'uomo disse ai carcerieri:
"Io so lavorare il metallo, e voi siete mal pagati. Se potete procurarmi qualche utensile e alcuni pezzi di stagno vi farò degli oggetti decorativi che potrete vendere al mercato. Potremmo dividere il ricavato, a beneficio di tutti".
Le guardie accettarono e in breve il prigioniero cominciò a produrre oggetti finemente lavorati, la cui vendita contribuì al benessere di tutti.
Poi, un giorno, quando i carcerieri entrarono nella cella, scoprirono che l'uomo era scomparso. Conclusero che era un mago.
Molti anni dopo, quando l'errore della sentenza fu scoperto e l'uomo fu scagionato e poté abbandonare il suo nascondiglio, il Re di quel paese lo convocò e gli chiese come fosse riuscito a fuggire.
Il fabbro disse:
"La vera fuga è possibile solo attraverso una giusta concomitanza di fattori. Mia moglie ha trovato il fabbro che aveva costruito la serratura della porta della mia cella, e altre serrature della prigione. Così ha ricamato il disegno della serratura sul tappeto che mi ha mandato, proprio nel punto in cui si appoggia la testa durante la preghiera. Lei contava sulla mia capacità di notare il disegno e di capire che era quello della serratura. E' stato necessario che mi procurassi il materiale con cui costruire le chiavi, e lavorare il metallo nella mia cella. Ho dovuto sfruttare l'avidità e il bisogno delle guardie, così da non destare sospetti. E' questa la storia della mia fuga".

venerdì 29 giugno 2007

Il racconto delle sabbie


Nato da remote montagne, un fiume solcò molte regioni per raggiungere finalmente le sabbie del deserto. Provò a superare questo ostacolo così come aveva fatto con gli altri, ma si accorse che, man mano che scorreva nella sabbia, le sue acque sparivano.Era convinto, tuttavia, che era suo destino attraversare quel deserto, eppure non ci riusciva ... Fu allora che una voce nascosta, proveniente dal deserto stesso, mormorò: "II vento attraversa il deserto; il fiume può fare altrettanto".Il fiume obiettò che, sebbene si lanciasse contro la sabbia, l'unico risultato era di essere assorbito, mentre il vento poteva volare e, quindi, attraversare il deserto."Lanciandoti nel tuo solito modo, il deserto non ti permetterà di attraversarlo. Potrai solo sparire o diventare una palude. Devi permettere al vento di trasportarti fino a destinazione". "Ma com'è possibile?"."Lasciandoti assorbire dal vento". Era un'idea inaccettabile per il fiume. In fin dei conti, non era mai stato assorbito prima d'ora. Non voleva perdere la sua individualità: una volta persa, come essere sicuri di poterla ritrovare?La sabbia rispose: "II vento svolge questa funzione: assorbe l'acqua, la trasporta al di sopra del deserto, poi la lascia ricadere. Cadendo sotto forma di pioggia, l'acqua ridiventa fiume"."Come posso sapere che è la verità?". "È così. Se non ci credi, potrai solo diventare una palude, e anche per questo ci vorranno anni e anni; e, comunque, non sarai più un fiume". "Ma non posso rimanere lo stesso fiume?"."In entrambi i casi non puoi rimanere lo stesso fiume", rispose il mormorio, "la parte essenziale di te viene portata via e forma di nuovo un fiume. Oggi porti questo nome perché non sai quale parte di te è quella essenziale".Queste parole risvegliarono certi echi nella memoria del fiume. Si ricordò vagamente di uno stato in cui egli - o forse una parte di sé? - era stato tra le braccia del vento. Si ricordò anche - ma era veramente un ricordo? - che questa era la cosa giusta, e non necessariamente la cosa più ovvia, da fare. Allora il fiume innalzò i suoi vapori verso le braccia accoglienti del vento. Questi, dolcemente e senza sforzo, li sollevò e li portò lontano, lasciandoli ricadere delicatamente non appena raggiunsero la cima di una montagna molto, molto lontana. Ed è proprio perché aveva dubitato, che il fiume poté ricordare e imprimere con più forza nella sua mente i dettagli della sua esperienza. "Sì, ora conosco la mia vera identità", si disse. Il fiume stava imparando. Ma le sabbie mormoravano: "Noi sappiamo, perché lo vediamo accadere giorno dopo giorno e perché noi, le sabbie, ci estendiamo dal fiume alla montagna". Ecco perché si dice che la via che permette al fiume della vita di proseguire il suo viaggio è scritta nelle sabbie.
* * * Questa bellissima storia si ritrova in molte lingue nella tradizione orale. Circola quasi sempre fra i dervisci e i loro allievi. È stata usata nella Rosa mistica del giardino del re, di Sir fairfax Cartwright (pubblicato in Inghilterra nel 1899). Questa versione proviene da Awad Afifi il tunisino, morto nel 1870.